“In cosa investo?” è una domanda comune nel momento di creare il proprio portafoglio. Non tutti probabilmente hanno una risposta pronta e soprattutto corretta, poiché il processo d’investimento è un percorso lungo e articolato volto ad ottimizzare l’allocazione del capitale in maniera coerente con le proprie caratteristiche, attitudini e aspettative.
Il processo di investimento parte proprio con la definizione degli obiettivi, procede poi con l’analisi dell’universo investibile e la scelta delle asset class più idonee a conseguirli, e si conclude con il picking, la selezione degli strumenti da inserire in portafoglio. Il punto di partenza del percorso descritto è pertanto determinante, poiché da esso dipendono tutte le scelte successive. E’, questo, un aspetto non sempre pienamente compreso: non tutti gli investitori hanno gli stessi obiettivi e di conseguenza anche i portafogli che loro si addicono sono differenti.
Le finalità di un portafoglio possono essere molteplici ma possono essere ricondotte alle prospettive di rischio e rendimento cui fanno riferimento le aspettative dell’investitore. Il risparmiatore ragiona in ottica di conservazione, puntando alla protezione del capitale con strategie di tipo difensivo, ad esempio con un’importante componente obbligazionaria nel portafoglio. L’investitore ha lo scopo di accrescere il proprio patrimonio attraverso la ricerca di rendimenti più importanti senza sottoporsi a rischi tali da compromettere il proprio capitale. L’approccio dello speculatore, infine, è la massimizzazione della performance, puntando ad esempio a trarre vantaggio da particolari condizioni di mercato o attraverso un’asset allocation particolarmente aggressiva.
Tra i principali fattori che contribuiscono a determinare gli obiettivi di investimento, uno dei più importanti è l’orizzonte temporale, ossia il periodo di tempo desiderato di detenzione degli strumenti finanziari. Le caratteristiche del portafoglio devono riflettere tali esigenze sia in termini di liquidabilità, che in termini di perdite potenziali in caso di movimenti avversi del mercato.
Le disponibilità economiche giocano un ruolo parimenti fondamentale. Più elevate esse sono e più contenuti si presentano gli impegni finanziari futuri, minore è la necessità potenziale di attingere agli investimenti o la difficoltà a subirne le eventuali perdite.
La propensione al rischio, pur non così facile da determinare, è un altro elemento chiave che concorre a definire le finalità dell’investimento. Tale misura indica la disponibilità soggettiva ad esporsi a possibili perdite per ottenere rendimenti più elevati. Rappresenta l’atteggiamento dell’investitore di fronte a eventi avversi che determinano performance negative del suo portafoglio.
Lo schema illustrato ripercorre proprio quello prescritto dalla Mifid per la valutazione di adeguatezza nei servizi di consulenza. La definizione di obiettivi che tengano conto degli aspetti descritti è una best practice per coloro che realizzano un investimento, un approccio che ruota intorno alla pianificazione finanziaria e che rappresenta un importante valore aggiunto per gli investitori e per il servizio che offrono i professionisti del settore.
Nell’ambito della definizione degli obiettivi trova posto anche la rischiosità relativa, forse più tipica dell’atteggiamento mentale dei gestori, che deriva dall’utilizzo dei benchmark come strumento di rappresentazione delle caratteristiche degli strumenti del risparmio gestito. Misure come la tracking error volatility permettono di valutare non già la volatilità dei rendimenti assoluti ma quella dei rendimenti differenziali, mostrando quanto un portafoglio sia riuscito a “replicare” l’andamento del benchmark. Lo scopo dei gestori è spesso quello di ottenere extrarendimenti in modo costante, ovvero contenendone la volatilità; l’Information Ratio è proprio la misura tipica di tale capacità.