Spesso per analizzare i mercati è utile rappresentarne l’andamento non solo in termini assoluti ma anche in termini relativi. La Forza Relativa è lo strumento più comunemente usato a questo fine.
Il concetto di Forza Relativa è il confronto di una serie storica di dati, di un titolo o di un indice, con i valori della stessa serie storica oppure con quella di un altro strumento finanziario. Uno degli utilizzi più comuni è quello di comparare un titolo azionario con l’indice di mercato o il settore al quale il titolo appartiene per capire se il titolo sta sovraperformando o sottoperformando il suo mercato di riferimento.
I metodi di calcolo della Forza Relativa sono sostanzialmente quattro:
1) Calcolare il rapporto, tra l’ultimo valore di una serie storica (ad esempio l’ultimo prezzo di chiusura) ed un valore della stessa serie risalente ad un certo numero di giorni precedenti (ad esempio il prezzo di chiusura di 10 giorni prima). Questo rapporto, così derivato serve essenzialmente a calcolare le variazioni dei titoli in un dato arco temporale così da ricavarne i migliori ed i peggiori del periodo.
2) Calcolare il rapporto (ratio) tra il valore di una serie (ad esempio di un titolo) con il valore di un’altra serie (ad esempio di indice settoriale). In questo modo si ottiene un’altra serie storica (solitamente rappresentata da una linea continua) il cui andamento dipenderà dal comportamento delle due serie oggetto di confronto. L’interpretazione è abbastanza intuitiva se si riflette sul comportamento di un quoziente al variare di numeratore e denominatore. Infatti, se il grafico di forza relativa di un particolare titolo è crescente, tale società si dimostra più forte del suo settore di appartenenza, cioè:
a. nel caso in cui siano entrambi crescenti, il primo è cresciuto più del settore;
b. nel caso in cui siano entrambi decrescenti, il primo ha comunque perso meno valore rispetto all’indice settoriale.
Viceversa, un grafico di forza relativa decrescente rappresenta un titolo con performance peggiori di quelle medie di settore, e quindi evidenzia un sintomo di debolezza. Infatti:
a. nel caso in cui siano entrambi crescenti, il primo è cresciuto meno di rispetto al secondo;
b. nel caso in cui siano entrambi decrescenti, il primo ha comunque perso più valore rispetto a al settore di appartenenza.
3) Calcolare la variazione percentuale a “n” giorni di una serie storica (ad esempio di un titolo) e sottrarla alla variazione percentuale di un’altra serie, sempre sul medesimo periodo (ad esempio di un indice di mercato). In questo modo si ottiene un confronto assoluto, ossia si vede di quanto una la prima serie ha sovraperformato o meno la seconda.
4) Calcolare la frequenza con cui, nel corso di un certo arco temporale, una certa attività finanziaria (ad esempio un titolo azionario) ha sovraperformato/sottoperformato un indice di riferimento. In questo modo si ottiene un valore che misura la persistenza di una certa attività finanziaria a fare meglio o peggio rispetto al mercato. Con questa ultima metodologia si cerca di individuare:
a. quali sono i settori e i titoli che sono oggetto di accumulazione da parte degli investitori istituzionali (mani forti del mercato);
b. quali sono invece i comparti e le azioni sui quali gli stessi investitori istituzionali sono liquidando le loro posizioni (fase di distribuzione).
È opportuno in fine evidenziare che oltre ad analisi di tipo qualitativo, le forze relative sono anche utilizzate dai trader per lo sviluppo di strategie operative di tipo meccanico (trading system) che sfruttano appunto la tendenza di particolari strumenti a crescere più di altri o viceversa.
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