Con il concludersi di giugno si palesa l’opportunità di stilare una sorta di bilancio parziale dell’anno in corso, costellato da eventi senza precedenti e che sicuramente entrerà anche nella storia dei mercati finanziari come pietra miliare.
Le analisi mensili offrono un quadro indubbiamente positivo per i mercati, sia con riferimento a quelli azionari che obbligazionari. I principali listini mondiali in valute locali chiudono giugno con il segno più: in testa troviamo l’indice di Istanbul a +10%, seguito dal Bovespa a quasi +9% e dal BSE Sensex a +7,5%. Ottimo posizionamento anche per Milano a +6.5%, la migliore piazza europea. Queste ultime si muovono in blocco piuttosto compatto con performance medio-buone, con i Paesi scandinavi in lieve svantaggio e Atene a chiusura, in perdita di due punti percentuali. Tra gli indici Usa sussiste un ampio gap: il Nasdaq 100 prosegue la sua corsa (+6% nel mese) distanziando S&P 500 e DJ Industrial, che si muovono tra il +1% e il +2%. I listini asiatici, infine, si distribuiscono in ordine sparso lungo tutta la classifica, ma sostanzialmente sono tutti in positivo.
Dal Forex emerge un chiaro rafforzamento dell’Euro, in particolare sullo Yen giapponese e sul dollaro Usa (circa +1.2%).
Dagli indici calcolati sul risparmio gestito emerge che la quasi totalità delle categorie è in allungo. Le performance più elevate sono registrate dai comparti esposti alla Grande Cina (Cina, Hong Kong, Macao e Taiwan) con un ottimo +10%. Non emergono particolari differenze tra i risultati medi di Usa e Europa, dove le discriminanti sono altre. In particolare, in Europa i comparti vincenti sono focalizzati sulle società ad elevata capitalizzazione e value, mentre negli Usa è sempre presente l’elevata capitalizzazione, ma con alto potenziale di crescita.
A chiudere le classifiche troviamo invece il Giappone, in lieve flessione, anche e soprattutto per effetto del cambio.
L’analisi settoriale evidenzia il primato delle energie alternative (+8%) e degli azionari tematici socialmente responsabili (+7,5%), che superano anche i metalli e minerali preziosi. Prosegue il rally di IT e telecomunicazioni. Nel complesso, come succede di sovente, le specializzazioni settoriali regalano soddisfazioni.
I comparti obbligazionari si muovono mediamente bene con punte oltre il 4% rappresentate dai convertibili Asia Pacifico. In linea di massima il periodo è favorevole per gli high yield. Mentre in Europa è evidente l’allungo dei comparti focalizzati sulle lunghe scadenze, negli Usa la duration è una variabile neutrale.
Secondo trimestre
Nel periodo marzo-giugno si è verificato un corposo rimbalzo di tutti i principali listini azionari. Primi, quasi a parimerito attorno al +30%, troviamo il Bovespa, il Nasdaq 100 e l’Istanbul National 100. Mediamente le piazze Usa avanzano più di quelle europee. Tra queste si evidenzia un gap, anche se di entità modesta, tra Europa continentale e mediterranea, lievemente svantaggiata. In fondo alla classifica troviamo la maggior parte degli indici asiatici, ma si sottolinea l’eccezione del Tokyo Nikkei 225, in buona posizione a +18%.
La classifica degli indici di categoria è dominata dalla Norvegia, a +30%, nonostante l’indice di Oslo nello stesso periodo sia avanzato “solo” del 12% e la corona norvegese del 6%. Non si tratta di un caso isolato: non mancano infatti esempi in cui la gestione attiva ha sovraperformato il mercato di riferimento. L’aggregazione per macro-aree geografiche non è utile per descrivere e spiegare i movimenti dei mercati poiché i risultati appaiono piuttosto variegati, ma comunque positivi. In generale le large e mid cap ottengono posizionamenti migliori dei corrispondenti indici sulle small cap. Mentre negli Usa sono le growth a generare i migliori ritorni, in Europa il primato spetta ai fondi specializzati su società value. Sul trimestre emerge una correlazione lineare tra rendimenti e rischiosità, ma di entità davvero ridotta. Il massimo draw down registrato sfiora il 14% e riguarda gli azionari Brasile, che comunque riescono a chiudere il periodo con un ragguardevole +22% (e una volatilità del 50%).
Sul piano settoriale, in testa troviamo i metalli e minerali preziosi, che raggiungono vette non lontane dal 60%, pur con volatilità e massimo draw down tra i più elevati e rispettivamente al 36% ed al 12%. L’immobiliare figura tra i settori più deboli, e nel caso di specializzazioni sul mercato americano raggiunge livelli di rischiosità molto elevati. Anche la finanza scivola sul fondo dei ranking.
Con riferimento ai comparti obbligazionari sono ottime le performance degli asset convertibili, trascinati dall’equity. Lo studio delle macroaree geografiche non risulta particolarmente utile, presentando risultati eterogenei e con una notevole dispersione. Salta invece all’occhio il vantaggio competitivo degli high yield sugli investment grade e dei long term sugli short term.
Primo semestre
Nonostante le tendenze indiscutibilmente positive degli ultimi mesi, il bilancio della prima metà dell’anno è meno allegro di quanto si potrebbe intuire. Tra i maggiori indici azionari in valuta locale, solo il Nasdaq 100 e l’Istanbul National 100 risultano in attivo, rispettivamente a +16% e +1.8%. a proposito del Nasdaq, è particolarmente interessante osservarne la composizione per comprenderne le dinamiche interne. L’indice presenta un’elevatissima dispersione interna dei risultati, con punte rappresentate da Moderna Inc, attiva nel biotech e in rally a +300% dall’inizio dell’anno, Zoom Video Communication a +260% e Tesla (+240%). Tuttavia non mancano società in grave crisi, come Marriott, esposta al settore turistico ed in flessione del 40%.
Successivamente ai due indici già citati troviamo lo Shanghai Composite, in rosso di circa due punti percentuali. Il resto degli indici Usa, europei ed asiatici si muovono in ordine sparso. Risaltano particolarmente le difficoltà in cui sono piombate le piazze mediterranee, in particolare Atene che flette di circa il 30% da inizio anno.
Anche il monitoraggio del risparmio gestito denuncia un quadro ancora critico, con pochi indici di categoria in positivo e riconducibili al mercato cinese o Usa. Le classifiche, inoltre, mostrano quanto gravi siano le conseguenze della pandemia in Europa e soprattutto in Brasile, ancora in rosso del 30%, anche e soprattutto a causa del deprezzamento che ha investito il Real (-36% su euro).
Dal punto di vista settoriale sono ancora i metalli preziosi a dominare i ranking, con allunghi del 25% a fronte di un apprezzamento dell’oro di circa il 20% nel medesimo periodo. Il gap è in parte giustificabile con l’esposizione non solo al physical gold ma anche ai miners, che storicamente presentano un beta elevato sulla commodity. Questi rendimenti da record sono però accompagnati da rischiosità elevata: la standard deviation sfiora il 50%, superata solo da quella registrata dal settore finanziario (51%), anche se il massimo draw down al 36% si colloca sulla mediana. Risultati importanti anche sul fronte delle telecomunicazioni, dell’information technology e del biotech. In fondo alle classifiche, anche qui, troviamo immobiliare e finanza. In generale, quindi, oltre ai settori difensivi ed ai beni rifugio emerge anche una scommessa su settori ad elevato contenuto innovativo che hanno cavalcato le esigenze esplose durante il lockdown.
Tra i comparti obbligazionari, come intuibile dalle varie classifiche mensili dell’anno in corso, sono quelli focalizzati sul debito Usa a medio-lungo termine a generare i ritorni più interessanti, attorno al 7%. In generale, bene anche gli asset convertibili e gli investment grade. Il debito Usa rende mediamente più di quello europeo, che a sua volta sovraperforma quello dei Paesi emergenti. In fondo alle classifiche troviamo gli high yield di qualsiasi esposizione geografica.
In modo trasversale rispetto alla natura dell’asset, sulle classifiche di medio termine, salvo alcune eccezioni, risultano ben evidenti le correlazioni inverse tra performance e dimensioni della rischiosità quali volatilità e draw down.
Sul mercato valutario sono pochi gli sconvolgimenti, ulteriori rispetto a quanto già detto: l’euro risulta sostanzialmente stabile contro dollaro Usa, Yen e Yuan. Vale la pena però menzionare il deprezzamento della sterlina (-7% contro moneta unica) e il rafforzamento del franco svizzero (+2%).
Tirando le somme, l’orientamento dei mercati si conferma al rialzo e con nuova forza dopo i recenti interventi della Bce ed il lancio del Recovery Fund, che ha anche stimolato un vivace apprezzamento dell’euro. La quasi totalità delle asset class si sta muovendo in modo costante verso il recupero dei massimi antecedenti la crisi da Coronavirus, livelli che si pongono ora come potenziale target e la cui violazione fornirebbe importanti segnali operativi di tipo long.
La crisi che ha sconvolto l’economia reale e, di riflesso, il mondo della finanza è quasi rientrata, ma ovviamente ha determinato il nascere di nuove criticità che non cesseranno di esistere nel breve termine. Gli interventi di politica monetaria continuano a rivestire un’importanza fondamentale in termini prospettici, ma ora, più di prima, cresce la rilevanza degli interventi di politica fiscale e di spesa pubblica, cui sono legati a doppio filo.
Monica F. Zerbinati