Da inizio anno, l’indice Fida Ffi Azionari settoriali intelligenza artificiale (globali) da messo a segno un rialzo di circa il 12%. Cosa fare adesso?
Quali sono state le dinamiche di rilievo che hanno caratterizzato il primo trimestre del 2023? Gli indici Fida fund index, rappresentativi dell’andamento dei fondi disponibili per la clientela retail italiana appartenenti alla stessa categoria, sono estremamente utili per cogliere – pur con le necessarie semplificazioni – le caratteristiche finanziarie e il profilo di rischio e rendimento dei prodotti che compongono i portafogli reali.
Il ranking di tali indici – circa 250 – vede in prima posizione il Fida Ffi Azionari settoriali intelligenza artificiale (globali), con un rendimento da inizio del 12,18% (dati disponibili al 30 marzo). Il risultato è ottenuto in periodo complessivamente positivo: il 75% degli indici di categoria risulta in attivo, così come il 66% degli indici di categorie azionarie, ma si conferma piacevole osservando la distribuzione dei risultati.
Il settore dell’intelligenza artificiale (AI)
Il settore dell’Intelligenza artificiale non è semplice da perimetrare: parliamo infatti di un ramo dell’informatica – almeno dal punto di vista formale – ma anche di un fenomeno interdisciplinare che unisce le competenze di matematici, ingegneri e altri professionisti (anche psichiatri) che contribuiscono a sviluppare, nelle macchine, capacità tipicamente umane come il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione, la creatività, le percezioni visive, spazio-temporali e decisionali… Dal punto di vista operativo l’attività si concretizza nella programmazione e progettazione di sistemi sia hardware che software, ma coinvolge un indotto di figure impegnate nella comprensione delle capacità umane da imitare, nella raccolta e organizzazione dell’enorme quantità di dati da precessare e nell’implementazione di tali tecnologie nei settori più disparati.
I dati, come anticipato, costituiscono un elemento imprescindibile: gli algoritmi di AI processano miliardi e miliardi di dati, una miniera d’oro alimentata da tutti noi ogni volta che accettiamo coocky, firmiamo autorizzazioni Gdpr, facciamo una ricerca, carichiamo una mappa, ogni volta che scegliamo o desideriamo qualcosa.
Lo stato d’arte dell’intelligenza artificiale
Ad oggi l’intelligenza artificiale è parte integrante del nostro quotidiano e contribuisce già in misura rilevante ai processi produttivi, soprattutto nel campo della percezione: strumenti specifici in uso ai call center, strumenti che sono in grado di analizzare i processi aziendali e suggerire ottimizzazioni interne ed esterne alle aziende, come le chat bot per l’assisitenza clienti.
Si tratta di innovazioni relativamente recenti, che avanzano a un ritmo incalzante e inesorabile. Da tempo il settore del risparmio gestito, soprattutto di tipo passivo, ha cavalcato i trend tecnologici con vari strumenti, tra i quali quelli dedicati alle Gafam (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft): le cinque sorelle che finora hanno prosperato senza grandi scontri, ma l’avvento del software di AI ChatGpt, finanziato da Microsoft, potrebbe alterarne gli equilibri. Google ha già risposto potenziando LaMda e ora la frontiera da conquistare è l’applicazione dell’AI ai motori di ricerca: utilizzando ChatGpt Microsoft ha lanciato un nuovo motore di ricerca chiamato Bing e Google ha risposto con il suo, chiamato Bard. Meta ha lanciato BlenderBot 3, sviluppato con la sua AI Llm Galattica.
La categoria degli azionari intelligenza artificiale
La categoria Azionari settoriali intelligenza artificiale (globali) raccoglie 11 fondi comuni disponibili con complessiva 55 classi: 9 comparti e 18 Isin sono autorizzati alla vendita a investitori retail italiani. Gli Etf sono 6, 4 dei quali quotati anche su Borsa Italiana.
Non si tratta quindi di una categoria particolarmente numerosa e nemmeno longeva: solo un quinto dei fondi ha almeno 5 anni di vita e appena il 3% arriva a 10 anni.
I prodotti disponibili risultano però sensibilmente diversificati tra di loro: la distribuzione delle principali statistiche è piuttosto ampia, così come esteso è il paniere delle società target, anche in virtù di politiche di investimento che possono essere più o meno focalizzate: la quasi totalità dei prodotti non elenca campi o sotto-settori specifici, ma vaglia in generale le società che possono beneficiare, a vario titolo, dei progressi nell’uso dell’intelligenza artificiale, lasciando ampia discrezionalità al gestore e rendendo molto poco significativo il confronto con eventuali benchmark.
Dal portafoglio dei fondi esaminati emergono alcuni elementi interessanti. L’esposizione geografica (e di conseguenza quella valutaria) è preponderante nei confronti degli Usa, mentre Asia ed Europa paiono giocare un ruolo secondario.
Negli Stati Uniti la ricerca e lo sviluppo dell’AI sono portate avanti perlopiù da grandi aziende: la ricerca accademica esiste – come anche quella prettamente pubblica perpetrata in particolare dal Dipartimento della Difesa – ma è meno dirompente rispetto alla ricerca privata.
In Cina invece la maggior parte dell’attività di ricerca è realizzata dalle Università e dal settore pubblico: la potenza si propone di diventare il principale attore mondiale entro il 2030.
L’Europa si colloca a metà strada, con il lavoro accademico e quello aziendale sostanzialmente equipesato.
Vi sono poi molti titoli comuni nelle top ten di portafoglio: Nvidia, Alphabet, Microsoft, Taiwan Semiconductor, Tesla, Twilio, Servicenow e Palantir sono tra gli strumenti più presenti.
Dal punto di vista dei settori specifici, quelli più rappresentati sono l’informatica (75% in media), i consumi discrezionali, i servizi per la comunicazione, i beni di prima necessità ed i servizi sanitari.
Profilo finanziario: intelligenza artificiale vs altri settori
L’analisi congiunta degli Azionari settoriali intelligenza artificiale con le altre categorie legate alla tecnologia fa emergere un ruolo di primo piano nel breve periodo, ma anche un posizionamento più tiepido su orizzonti medio-lunghi. Gli indicatori di rendimento corretto per il rischio collocano la categoria in posizione neutra, principalmente a causa di ritracciamenti non trascurabili: il massimo drawdown a 5 anni sfiora il 38%, superato solo dal 40% degli Azionari settoriali fintech. Tra gli indici considerati le telecomunicazioni sono gli asset meno performanti, ma anche più stabili, con le volatilità più contenute. Robotica e IT, invece, dominano lo scenario con rendimenti elevati e standard deviation controllate.
I costi correnti in media sono i più elevati, ma la categoria è anche la meno numerosa: potrebbe quindi esserci spazio per il lancio di nuovi prodotti, o per la migrazione di fondi già esistenti con politiche simili, che potrebbero muoversi sempre più verso l’AI a causa dell’adozione delle sue tecniche da parte di un numero crescente di società tecnologiche.
Prospettive: tra potenzialità e criticità
Di intelligenza artificiale si parla, forse inconsapevolmente, dal 1950, quando Alan Turing pubblica sulla rivista Mind un articolo in cui propone il quesito: “Può una macchina pensare?”. Nel contributo viene illustrato il cosidetto Test di Turing sul Gioco dell’imitazione, tema dal quale anche il cinema ha tratto ispirazione per il film “Ex machina”.
Turing, un crittoanalista inglese, era appena ventisettenne quando riuscì, con i suoi computer, a decodificare i messaggi criptati dei nazisti: il suo successo ha con tutta probabilità abbreviato la durata della Seconda Guerra Mondiale, risparmiando milioni di vite umane. Il fatto costituisce una pietra miliare per l’AI, e la sua rilevanza e l’impatto sulla storia non lasciano dubbi sul potenziale che lo sviluppo della disciplina può sprigionare.
Ma, rimanendo sul tema, proprio le guerre insegnano che non sempre vincere risulta economicamente conveniente: dati empirici confermano che quasi mai i costi sostenuti per portare avanti conflitti armati, diretti e indiretti, risultano coperti dagli eventuali benefici della vittoria. Amy Hood, ceo di Microsoft, ha dichiarato che – per adesso – nessun aumento degli abbonamenti o delle inserzioni pubblicitarie potrà sostenere sul lungo termine gli incrementi delle spese per il lancio della chatbot: problema comune anche alle altre sorelle del BigTech. Come spesso accade in guerra, i contendenti paiono disposti a perdere molto, pur di vedere l’avversario perdere tutto: la sfida è quindi quella di riuscire ad abbattere i costi, in tempi celeri, per sopravvivere.
Il dibattito è sempre più animato e vede opporsi le tesi dei tecno-estusiasti, che aspirano a liberare l’umanità dalla schiavitù del lavoro, e dei tecno-critici, che vedono invece una minaccia nel crescente controllo delle nostre vite. Ciò che è indubbio è che si tratta di un fenomeno impossibile da fermare (ammesso che lo si voglia) e che continuerà a richiamare masse crescenti di investimenti e capitali.
Monica F. Zerbinati
Leggi l’articolo completo su www.we-wealth.com