La Modern Portfolio Theory introduce il fondamentale concetto di covarianza tra diversi titoli. Markovitz elabora la sua teoria arrivando alla conclusione che l’investitore può attuare una strategia vincente non diversificando i propri investimenti tra diverse attività che si comportano allo stesso modo. La strategia vincente quindi è quella di allocare le risorse in strumenti che reagiscono in modo differente alle congetture di mercato. In particolare, considerando due attività,un mix tra le due da un risultato atteso maggiore della semplice media tra i due rendimenti. Se si può scegliere tra due titoli che offrono un rendimento atteso del 10%, ma non si muovono in modo uguale nel tempo , investire il 50% in uno e il 50% nell’altro, può dare un rendimento atteso superiore al 10%, pur mantenendo il medesimo profilo di rischio.
Da questo postulato si arriva alla definizione della frontiera efficiente ovvero, dato un certo numero di attività, l’insieme delle combinazioni delle stesse che offrono il massimo rendimento atteso possibile per ogni livello di rischio. La sua conformazione dipenderà da tre fattori diversi: il rendimento atteso di ogni attività, il numero delle attività prese in considerazione e la covarianza reciproca tra le attività.
Naturalmente perché questa impostazione rimanga valida, bisogna accettare una serie di ipotesi relativamente restrittive; in particolare, il modello è di tipo uniperiodale, non considera cioè gli effetti di potenziali movimentazioni di portafoglio tra l’inizio e la fine del periodo di analisi. Per questi motivi molte evoluzioni sono state proposte e sono utilizzate nella pratica da grandi e piccoli investitori, ma la teoria di Markowitz rimane alla base delle metodologie di costruzione portafogli di lungo termine.
Una caratteristica non sempre ben compresa dell’approccio descritto è che si tratta di un modello statico, costruito per gestire in maniera ottimale le scelte di portafoglio ipotizzando di mantenerle inalterate nel lungo periodo. Il rischio è gestito attraverso la massimizzazione dell’effetto diversificazione, e non, come avviene nei modelli dinamici basati sull’ipotesi di potere prevedere in certo modo l’andamento dei mercati, sull’adattamento dell’asset allocation a tali previsioni.
Replicando il procedimento seguito nella MPT ogni investitore può, dunque, individuare la propria asset allocation ottimale. Il fattore preponderante per risolvere il problema di massimizzazione vincolata è il massimo livello di volatilità totale che l’investitore è disposto sopportare, tale grado di propensione al rischio è individuato nel momento di definizione degli obbiettivi. La scelta delle asset class in cui investire è il passo successivo. Definito, infatti, questo universo è possibile, utilizzando strumenti appropriati (ad esempio Fida Workstation), ottenere una stima della matrice delle loro correlazioni e dei loro rendimenti attesi. La combinazione di pesi da attribuire alle varie classi di attività è quindi raggiunta trovando la soluzione del citato problema d’ottimizzazione.