Il rally che ha coinvolto essenzialmente tutti gli attivi dal marzo 2020 è di portata tale per cui le flessioni in corso ancora non hanno invalidato il trend in atto. Tuttavia, il monitoraggio delle politiche monetarie torna oggi a figurare tra i principali driver di mercato
Il mese di settembre si è rivelato particolarmente difficile per tutte le tipologie di asset class. Solo una su cinque delle categorie azionarie FIDA costruite sul risparmio gestito risulta in allungo. Nel periodo riferimento, tali indici hanno registrato variazioni comprese tra il +5 e il -10% circa, mentre il rendimento medio si aggira intorno al -1,50%: il dato più basso dall’ottobre 2020.
L’analisi per esposizione geografica premia l’Asia, grazie agli ottimi posizionamenti di Indonesia, Giappone ed A shares cinesi. Qui sono le società large a sovraperformare. A seguire troviamo gli Usa, soprattutto con le piccole società, ed Europa. Fanalino di coda è il Brasile, che trascina tutti i comparti focalizzati sull’America Latina.
Tra le spacializzazioni settoriali il quadro è ancor più ostico: energie tradizionali (+9%), risorse naturali (+2%) e finanza (+1,40%) sono le uniche in attivo. I metalli preziosi chiudono le classifiche in pesante ritracciamento (-9,60%). Gli indici sui fondi settoriali in media cedono quasi tre punti percentuali: occorre tornare al marzo del 2020 per vedere flessioni più gravi.
Anche tra le categorie obbligazionarie troviamo correzioni diffuse, che rendono la percentuale di indici positivi – solo il 36% – il peggior dato dell’anno da febbraio. Il range di variazione mensile di tali indici è tra +2 e -4,25%. Le emissioni Usa, specie se governative e con breve duration, fanno da protagonista con i rendimenti più elevati, ma anche i corporate high yield regalano risultati degni di nota. Europa ed emergenti popolano alternandosi la seconda parte della classifica. Come ci si attenderebbe dato il quadro sull’azionario, i convertibili sono in rosso. In fondo ai ranking troviamo i Gilts, che perdono appeal a causa dell’ormai probabile rallentamento da parte della della BoE nell’acquisto dei titoli.
Anche l’analisi sul terzo trimestre evidenzia un rallentamento dei mercati finanziari. Sul piano azionario si riscontra ancora un peggioramento rispetto al periodo antecedente. Al top troviamo l’Asia, grazie a India, Indonesia e Giappone, che allungano rispettivamente del 14%, 13% e 8,5% circa. Anche l’Europa Orientale con le sue economie emergenti mette a segno risultati apprezzabili. Escludendo Indonesia e Turchia, la top ten degli indici azionari è contraddistinta anche da bassa volatilità. L’Asia compare però anche in fondo alle classifiche, con le consistenti flessioni di Cina (-14%), Hong Kong (-10%) e Corea (-7%).
Tra le specificazioni settoriali – circa la metà delle quali è in allungo – è la finanza a conquistare l’oro, seguita dalle risorse idriche e dall’IT. Energie tradizionali, robotica ed immobiliare Usa si confermano tra le categorie migliori in termini di rendimento.
Anche sull’obbligazionario si riscontra un lieve peggioramento rispetto al secondo trimestre. In positivo troviamo principalmente le categorie sul debito in dollari statunitensi, soprattutto se con elevati rendimenti e duration brevi. Seguono le categorie esposte all’euro, dove invece sono le lunghe sadenze a sovraperformare, mentre l’Asia chiude le classifiche.
L’overview per il 2021 mette in luce mercati che si confermano ancora complessivamente sostenuti ma in progressivo peggioramento. India, Russia e Italia si confermano tra i migliori indici Fida da inizio anno, insieme a energia, finanza, e immobiliare per quanto riguarda lo spaccato settoriale. Piuttosto stabili anche i ranking obbligazionari, dove i corporate Usa a elevato rendimento determinano risultati del 9%.
Il rally che ha coinvolto essenzialmente tutti gli attivi dal marzo 2020 è di portata tale per cui le flessioni in corso ancora non hanno invalidato il trend in atto, e la componente di portafoglio in equity si conferma quella maggiormente remunerativa. Tuttavia, ipotizzando di non assistere a nuovi stop della produzione come quelli dello scorso anno, il monitoraggio delle politiche monetarie torna oggi a figurare tra i principali driver di mercato. Il rialzo dei tassi attuato dalla Norges Bank potrebbe aprire la strada a ritocchi anche da parte degli altri istituti centrali, che si muovono in un contesto di crescita e inflazione, quantomeno sul piano nominale. La rotazione settoriale che si è verificata nell’anno invita inoltre ad adottare un’elevata diversificazione soprattutto all’interno di quei portafogli concepiti in ottica di lungo termine.
Monica F. Zerbinati
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